Tag: scuola

Scuola, ripartenza in sicurezza. A Palazzolo sull’Oglio sensori in 120 le aule per sapere quando aprire le finestre

fybra scuola

Finestre aperte per garantire la ventilazione delle aule: è questo uno dei pilastri del protocollo anti-Covid adottato dal governo italiano in vista dell’imminente inizio del nuovo anno scolastico. Una necessità dettata dall’emergenza pandemica, che grazie a Fybra può essere sfruttata come un’opportunità per migliorare la qualità dell’aria coniugandola con la tutela della salute di studenti e insegnanti – evitando di esporli inutilmente a basse temperature per periodi prolungati – e con la massima efficienza energetica – ad esempio non sprecando il calore dei sistemi di riscaldamento in inverno.

Fybra è il sensore intelligente in grado di migliorare la qualità dell’aria nei luoghi chiusi, come scuole e uffici. Brevettato nel 2020 dall’omonima startup di Milano e già installato in alcune scuole nello scorso anno scolastico, sta riscontrando un crescente interesse. Negli ultimi tre mesi oltre 70 scuole italiane – distribuite tra Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Alto Adige e Marche – hanno montato il sensore nelle aule, contribuendo a creare un ambiente di studio più salubre per circa 15 mila studenti.

Il primo comune a installare proprio in questi giorni Fybra in tutti gli istituti scolastici di sua proprietà è Palazzolo sull’Oglio. L’amministrazione della cittadina di circa 20 mila abitanti in provincia di Brescia ha deciso di investire proprie risorse per dotare di Fybra tutte le 14 scuole comunali – un nido, cinque materne, cinque primarie e tre secondarie di primo grado – fornendo così un totale di 120 aule di altrettanti sensori intelligenti collegati tramite wifi. L’installazione si è svolta nei giorni scorsi, preparando così le scuole all’avvio in sicurezza del nuovo anno scolastico.

«Negli ultimi mesi registriamo un’impennata di richieste da enti locali e mondo dell’istruzione – afferma Gaetano Lapenta, co-founder e Ceo di Fybra –. Il nostro sistema unisce facilità di installazione, costi contenuti e valore educativo: i dati rilevati dal dispositivo possono essere utili per la didattica scientifica, ambientale e per l’educazione civica. Fybra è una soluzione basata su dati scientifici, che permette di migliorare la qualità dell’aria, abbattere la quantità di microdroplets presenti e tutelare la salute degli studenti senza esporli inutilmente al freddo».

«Migliorare la qualità della vita dei nostri studenti ci sta molto a cuore e in questi anni abbiamo lavorato molto per rinnovare le strutture e gli edifici sotto ogni profilo: da quello ambientale ed energetico, a quello della sicurezza», ha commentato il vicesindaco e assessore alla Pubblica Istruzione di Palazzolo sull’Oglio, Gianmarco Cossandi.

«Con il progetto Fybra vogliamo andare a migliorare ancora di più la qualità del tempo trascorso a scuola, il tutto con zero sprechi ambientali e con un occhio di riguardo alla questione Covid e all’impatto che la pandemia può avere sul mondo scolastico – ha aggiunto l’assessore all’Ambiente, Francesco Marcandelli –. Infatti, il ricambio d’aria è da sempre uno strumento per la salubrità degli ambienti, sia privati, sia pubblici, e poterlo fare in maniera scientifica è molto valido, perché significa garantire la qualità dell’aria senza sprechi in termini di riscaldamento e senza disagio per gli alunni e il personale scolastico».

Molte altre realtà scolastiche stanno dimostrando interesse verso una soluzione semplice e veloce da installare – il montaggio dura pochi minuti, basta fissare alla parete il sensore e collegarlo a una presa elettrica – e dal prezzo contenuto – rispetto ad altre soluzioni che prevedono la ventilazione meccanica o la purificazione dell’aria, il costo di Fybra si attesta su un ordine di grandezza circa 10 volte inferiore.

Come funziona Fybra

Fybra rileva tre parametri – anidride carbonica, temperatura e umidità – e nel tempo, attraverso algoritmi predittivi e dinamici, ne “impara” l’andamento e definisce di volta in volta le soglie ideali rispettando le quali, in uno specifico ambiente, si può prevenire il deterioramento della qualità dell’aria e mantenere temperature di comfort.

Una luce led comunica in tempo reale la situazione con diverse colorazioni: il rosso indica la necessità di ventilare l’aula per disperdere microdroplets (veicoli di virus trasmessi per via aerea), CO2 e inquinanti, il viola un progressivo miglioramento della qualità dell’aria. Quando la luce diventa azzurra, significa che la qualità dell’aria è buona, ed è quindi possibile richiudere le finestre, evitando sprechi di calore e raffreddori.

Il sensore fisico è integrato da un avanzato sistema di monitoraggio attraverso app e dashboard proprietarie, che consente di analizzare in tempo reale la qualità dell’aria nell’aula. Un insieme di conoscenze di facile accessibilità, utili anche a fini didattici: basti pensare al valore educativo in relazione alla fisica, alle scienze ambientali e all’educazione civica.

In alcune scuole la riqualificazione dei serramenti è stata accompagnata dall’installazione di Fybra: in quel caso viene installato un motore per l’apertura automatica delle finestre che viene governato dall’algoritmo. È quest’ultimo a decidere quando aprire e quando chiudere, in base alla qualità dell’aria rilevata.

Santino Ferretti: Alternanza scuola-lavoro.

santono ferretti
SANTINO FERRETTI PINETO

Alternanza scuola-lavoro, una pessima idea Una delle cose più inutili, che indebolisce la scuola pubblica, è quella cosa introdotta principalmente dal solito centro sinistra e che viene chiamata alternanza scuola-lavoro. Infatti l’idea che si lascia passare è che la scuola sia il preambolo del lavoro e non il luogo della crescita umana e culturale. Il modo migliore per formare è quello del ragionamento in astratto, non impostato allo specifico, ma lasciato nel principio che assume validità universale. Tale metodo ha formato intere generazioni, che non sono stati espressione di un sapere specifico, ma capaci di dare soluzioni alle più svariate problematiche, giacché la scuola non deve insegnare il pensiero ma a pensare. Con l’alternanza scuola lavoro si afferma un modello diverso, in cui la scuola rinuncia alla formazione di un pensiero universale, per renderlo utile ai fini dell’inserimento nel mondo del lavoro e quindi si portano gli studenti dentro i luoghi di lavoro, per capirne le logiche. Dunque, gli studenti delle scuole superiori, non vengono mandati nelle università, nei centri di eccellenza, nei centri di ricerca, per poter comprendere ancora di più il senso della formazione e dello studio, ma inviati a fare i lavoratori. In sostanza si forma attraverso il lavoro e non si accetta più l’idea che la formazione sia strumento per qualificare il lavoro, al contrario, il lavoro qualifica lo studio. Vi è poi un ulteriore aspetto. Infatti finite le scuole medie, generalmente i ragazzi hanno le idee chiare, non chiarissime, nel senso che vi sono quelli che hanno deciso di proseguire gli studi e che magari non sanno ancora se vogliono fare gli avvocati o semplicemente i ragionieri, tuttavia hanno maturato l’idea di voler proseguire con gli studi. Al contrario, vi sono quelli che non sanno ancora se da grandi saranno muratori o ebanisti, ma di sicuro hanno deciso che non vogliono proseguire con gli studi. Invece, finite le medie, l’obbligo scolastico è stato esteso per ulteriori due anni. Pertanto, ragazzi che non vogliono andare a scuola, vengono obbligati ad andarci e spesso sono una cospicua parte di ragazzi che vengono introdotti nelle prime e seconde classi delle superiori. Immaginate cosa possa significare avere classi con la maggior parte dei ragazzi che non avevano nessuna intenzione di andare a scuola, i quali, quasi sempre optano per istituti professionali. I docenti di quelle classi, ovviamente, hanno il sistema nervoso molto provato e la qualità dell’istruzione, ovviamente, va a farsi benedire. Tuttavia, tali ragazzi, frequentando la scuola dell’obbligo, quasi sempre vengono portati fino al terzo anno, intanto crescono e maturano l’idea che andando a passare il tempo sono arrivati al terzo e quindi, specializzandosi nel non fare niente, possono arrivare a prendere il diploma. Questo fatto produce due anomalie, l’una già delineata, con uno svuotamento del valore dell’istruzione, l’altro connesso al mondo del lavoro, che registra una perdita di maestranze, giacché ai ragazzi, con l’obbligo scolastico allungato, viene impedito di fare ciò che si faceva un tempo e cioè imparare un mestiere. Invece, finita la scuole media, semmai riformata, in quanto allo stato attuale è l’unico segmento scolastico con poco senso, ai ragazzi va data la possibilità di scegliere se proseguire con gli studi o entrare nel mondo del lavoro. Nel caso di iscrizione alla scuola superiore, è giusto seguire i percorsi di studi impostati sulla formazione e non sul lavoro, con il quale contatti, al fine di rafforzare la convinzione nello studio, possono e devono esserci. Chi invece decide di entrare nel mondo del lavoro, appare normale che debba seguire un percorso di alternanza scuola lavoro. Infatti questi ultimi, una volta entrati nel mondo del lavoro, ne escono all’età della pensione e quindi è corretto pensare ad un periodo, ad esempio di due anni, in cui seguono un’alternanza. In detto periodo, tali ragazzi è giusto che vengano formati rispetto ai temi sulla sicurezza sui luoghi di lavoro o su elementi di diritto civile, in quanto molti di loro potrebbero diventare artigiani, imprenditori, ecc. Appare pure corretto, in una logica di alternanza, farli vivere in diversi ambienti di lavoro, nelle aziende, nei cantieri, nei magazzini e in tutti i possibili luoghi di lavoro, in modo che possano anche meglio capire quali siano le proprie ambizioni. In questo caso, l’alternanza scuola lavoro avrebbe un vero senso, capace di orientare i ragazzi, di formarli e di portarli all’età di 16 anni, in modo che possano entrare a tutti gli effetti nel mondo del lavoro. Le cose sembrerebbero facili, ma forse è vero, che nella semplicità, si esprime il massimo della genialità e di geni, ultimamente, se ne sono visti pochi.

Roma, liceo classico Virgilio occupato

Gli studenti sono entrati nell’istituto di via Giulia nel pomeriggio di domenica. Una forma consueta di protesta, decisa questa volta dopo il crollo di parte del tetto

“Dopo il crollo sapevamo che sarebbe successo presto”, spiegano alcuni studenti. Domenica pomeriggio il liceo classico Virgilio è stato occupato. Una forma di protesta non insolita, ma la cui attuazione è stata accelerata dal crollo di parte del tetto dell’istituto di via Giulia, avvenuto nelle scorse settimane. Confermano anche dall’Associazione nazionale Presidi di Roma, secondo cui il crollo del tetto e le recenti polemiche sull’alternanza scuola-lavoro hanno accelerato i tempi per le occupazioni. Secondo molti dirigenti, infatti, c’è aria di protesta in diverse scuole della Capitale. La preside del Virgilio, Carla Alfano, è arrivata a scuola, mentre gli occupanti stanno trattando con la Digos di Roma.

“Oggi in più di 400 abbiamo occupato la nostra scuola. Questa mobilitazione, sostenuta dalla maggior parte degli studenti e delle studentesse del Virgilio, parte dalla necessità di prendere parola collettivamente rispetto al crollo di una porzione di tetto avvenuto il 7 ottobre nel nostro istituto e dal bisogno di costruire una protesta ampia sul tema dell’edilizia scolastica e non solo  – si legge in un post sulla pagina Facebook del Collettivo Virgilio – crediamo sia fondamentale mobilitarsi insieme alle molte scuole della Capitale che condividono i nostri stessi problemi e con tutte le altri componenti della nostra scuola, in primis con la nuova dirigente che si è mostrata aperta nei nostri confronti nelle scorse settimane. Stiamo organizzando incontri, assemblee, dibattiti per provare a comprendere il mondo che ci circonda e capire come cambiarlo”.

Sulmona, omofobia al liceo Vico: sospesi tre studenti

Hanno insultato e offeso un alunno che va a scuola vestito e truccato da donna: plauso al provvedimento disciplinare della preside da parte del Collettivo studentesco e dell’Arcigay

L'istituto superiore G.B. Vico di Sulmona

L’istituto superiore G.B. Vico di Sulmona

SULMONA. La preside del liceo Vico di Sulmona (L’Aquila) ha sospeso dalle lezioni per due giorni tre studenti di età compresa tra i 15 e i 16 anni per omofobia. Vittima delle persecuzioni omofobe da parte dei tre uno studente 18enne che fino alla riapertura dell’anno scolastico non aveva mai avuto problemi nel manifestare la sua omosessualità a scuola truccandosi e vestendosi da donna. Nei giorni scorsi il giovane è stato bersagliato di offese e insulti nei corridoi dai tre, ai quali la dirigente scolastica Caterina Fantauzzi ha comminato il provvedimento disciplinare della sospensione.

Il caso è stato rivelato dal Collettivo Studentesco di Sulmona, che in solidarietà alla vittima di discriminazione ha proposto per mercoledì 18 ottobre il #RainbowDay. In maniera simbolica tutti coloro che vorranno partecipare indosseranno qualcosa di arcobaleno o comunque molto colorato, che sia un capo di abbigliamento, un gioiello, un nastro per i capelli, qualsiasi cosa. Chiunque vorrà potrà inviare sui social del Collettivo la foto dell’oggetto colorato che indosserà, in modo da realizzare un grande album dedicato a questa iniziativa. E’ in programma anche l’organizzazione di un’assemblea pubblica a tema LGBTQ con persone esperte per sensibilizzare la cittadinanza, soprattutto i più giovani.

La nota dell’Arcigay. Sulla vicenda di Sulmona è intervenuta anche l’associazione Arcigay di Chieti e dell’Aquila con un comunicato a firma congiunta dei presidenti Adelio Iezzi e Leonardo Dongiovanni:  “Arcigay Chieti e Arcigay L’Aquila si uniscono al coro di condanna dell’episodio di bullismo omofobico verificatosi in una scuola di Sulmona qualche settimana fa; fortunatamente questa volta – diversamente dalle tante, troppe volte in cui questi fatti passano sotto silenzio – la dirigenza scolastica ha preso dei provvedimenti e i responsabili hanno ricevuto una sospensione”, recita il comunicato.

Ocse: “In Italia pochi laureati (sotto media di 10 punti), poco preparati e male utilizzati”

Il Rapporto: “I lavoratori italiani hanno un basso livello medio di competenze e minori probabilità di mettere a frutto le loro abilità”. Scarsa comunicazione tra università e mondo del lavoro rallentano l’occupazione. Il plauso alle riforme del Jobs act e della Buona scuola

ROMA – Mancano le competenze di base e avanzate e soltanto se l’Italia migliorerà in questo campo potrà in futuro prosperare e creare un ambiente più inclusivo. Si apre con questa considerazione il rapporto Ocse “Strategia per le competenze” per l’Italia, diffuso oggi dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Nelle 280 pagine del documento, redatto in due anni di lavoro, si sottolinea che “negli ultimi 15 anni i risultati economci dell’Italia sono stati lenti. Nonostante alcuni progressi nell’occupazione – premette l’Ocse – la crescita di produttività è stata stagnante”. E a creare questa stagnazione è il deficit nelle competenze inadeguate per la competitività del mercato del lavoro.

“Solo il 20 per cento degli italiani tra i 25 e i 34 anni è laureato – sottolinea il rapporto – a fronte della media Ocse del 30 per cento”. E non si tratta soltanto di avere meno laureati, perché chi ha un titolo di studio universitario in Italia ha “in media, un più basso tasso di competenze” in lettura e matematica (26° posto su 29 paesi Ocse). Meno preparati, ma anche male impiegati, visto che le analisi del capitolo 2 del rapporto descrivono le difficoltà dei laureati alle prese con la prima occupazione, che spesso non ha nulla a che vedere con la loro preparazione universitaria.

Si assiste così al paradosso per cui ci sono lavoratori che hanno competenze superiori ma hanno mansioni che ne richiedono meno (11,7 per cento) e sono sovra-qualificati (18 per cento), con una percentuale elevatissima (35 per cento) di lavoratori occupati in un settore non correlato ai propri studi.

A salvare i lavoratori la capacità, riconosciuta dal rapporto, di “rapidità d’apprendimento e problem solving”, la vecchia arte d’arrangiarsi insomma, che fa dire all’Ocse che “in Italia, politiche mirate di istruzione e formazione della forza lavoro, che siano anche coordinate tra di loro, potrebbero favorire un miglior (più intensivo) uso delle competenze elevate sul posto di lavoro”.

Il rapporto bacchetta sia le università, incapaci di collegarsi meglio con le esigenzxe del mondo del lavoro, sia le imprese, alle quali si imputa l’incapacità di usare pienamente ed efficacemente le competenze a loro disposizione e poco disposte a investire in tecnologie e pratiche di lavoro che migliorino la produttività.

L’Ocse spiega che tale dinamica è in parte spiegata dal modo in cui il lavoro viene progettato e concepito, e dal modo in cui le imprese sono gestite. In Italia, le imprese a gestione familiare rappresentano più dell’85 per cento del totale, e circa il 70 per cento dell’occupazione del paese. Ma è un circolo vizioso: anche “i manager delle imprese a gestione familiare spesso non hanno le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove e complesse. Inoltre, il livello dei salari in Italia è spesso correlato all’età e all’esperienza del lavoratore piuttosto che alla performance individuale, caratteristica che disincentiva nei dipendenti un uso intensivo delle competenze sul posto di lavoro”.

Il rapporto riconosce infine che l’Italia si sta impegnando ad attuare riforme che invertano la tendenza. Il Jobs act viene definito “una pietra miliare del processo di riforma”, e vengono poi citate la Buona scuola, Industria 4.0, Garanzia Giovani e la legge Madia sulla P.a. In particolare della riforma dell’istruzione si evidenzia il piano per il digitale e l’Alternanza scuola lavoro.
Il report suggerisce infine che un contributo, per un’azione d’insieme, possa arrivare dalla Strategia nazionale della competenze dell’Italia, un progetto che il Governo italiano conduce in collaborazione con l’Ocse e il sostegno

della Commissione Ue. In questo scenario l’organizzazione parigina “ha identificato 10 sfide” per promuovere le competenze, spingendo su una maggiore partecipazione di donne e giovani al lavoro, sulla formazione continua, sugli studi avanzati e sull’innovazione.

Frosinone, scuola allagata a Pontecorvo: crollano i controsoffitti. Indagano i carabinieri

di Vincenzo Caramadre
 Quasi tre giorni due rubinetti dell’acqua completamenti aperti, locali allagati: crolli e danni agli arredi e all’impianti all’interno di una scuola dell’Infanzia e Primaria di Pontecorvo.
L’amara sorpresa, al rientro dopo il primo week end dell’anno scolastico appena iniziato, c’è stata al Plesso Fornelle del Primo Istituto Comprensivo di Pontecorvo frequentato da 180 bambini.

La Scuola assieme al Comune ha presentato denuncia ai carabinieri. Il sindaco Anselmo Rotondo ha subito emesso ordinanza di chiusura del Plesso e ben 180 bambini, tra i tre e 10 anni, delle scuola Primaria e dell’Infanzia, sono dovuti tornati a casa.
Tanti i disagi anche tra i genitori che, arrivati a scuola, hanno trovato la scuola allagata e le maestre che hanno comunità loro la chiusura del Plesso.
Ma quello avvenuto alla scuola Fornelle potrebbe non essere l’unico atto vandalico. Un altro rubinetto aperto è stato trovato alla scuola Media San Tommaso che fa parte sempre del Primo Comprensivo.
Procediamo con ordine.
Ieri mattina alle 7.45 i bidelli sono arrivati al Plesso Fornelle in viale Dante Alighieri, e una volta aperta la scuola hanno trovato il piano terra allagato e diversi controsoffitti caduti.
L’acqua proveniva, chiaramente, dal piano superiore, per cui si sono recati nei bagni degli alunni e hanno trovato due rubinetti completamente aperti dai quali fuoriusciva ancora acqua.
Immediata, da parte della fiduciaria di Plesso, la chiamata alla dirigente scolastica Maria Venuti. Sul posto poco dopo è arrivata la dirigente assieme, il sindaco Rotondo e l’assessore alla Pubblica Istruzione Armando Satini.
Per cui accertato l’accaduto la dirigente scolastica e l’assessore alla pubblica istruzione si sono recati in caserma, dai carabinieri, dov’è stata presentata denuncia contro ignoti per danneggiamento. Tanti i danni alla scuola, dove sono crollate le controsoffittature e ci sono stati danni ai quadri elettrici.
“Fino ad oggi, come disposto dal sindaco,  – ha spiegato la dirigente Maria Venuti – la scuola rimarrà chiusa. Entro mercoledì attendiamo disposizione dall’amministrazione comunale, ad oggi sono in atto tutti i controlli da parte dei tecnici comunali per valute le condizioni del plesso”.
La conta dei danni e la valutazione della condizioni di sicurezza spetterà all’ufficio tecnico comunale e all’ufficio manutenzione, per cui a breve ci sarà una relazione.
“Attendiamo – ha aggiunto il sindaco Rotondo – la relazione tecnica per capire la portata dei danni causati alla scuola e solo dopo saremo in grado di quantificare la tempistica di riapertura. Assieme all’assessore Satini stiamo cercando la soluzione nel caso in cui la scuola dovrà rimanere chiusa”.
Altro atto vandalico c’è stato, sempre nell’ultimo fine settimana, alla scuola media San Tommaso, anche qui è stato trovato un rubinetto aperto, ma l’acqua è defluita dagli scarichi fognari.
Le indagini dei carabinieri, tuttavia, si concentrano su quanto avvenuto a Fornelle, dove non ci sono telecamere di sicurezza e dove non sono stati trovate porte o finestre forzate. Come e perché i rubinetti sono stati aperti? Tutti i chiarimenti dalle indagini dei carabinieri.

Martedì 19 Settembre 2017 – Ultimo aggiornamento: 12:59