AIAC NFT – dopo la chiusura del sito in fuga ” ma chi sono i Paperon de Paperoni dietro la lo schema ponzi?

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Chi sono i Paperon de Paperoni che si celano dietro la piattaforma della truffa? molti utenti questa cosa non è andata giù: “ora vogliamo i nomi dicono gli utenti” una piattaforma che non esiste nemmeno su linkedin. questo dimostra come sta diventando facile lo schema ponzi di sicuro la guardi di finanza non sarà qui a guardare questa volta per un giro d’affari troppo grande. Ma la prima domanda è esistono veramente quelle persone o sono della marionetta comprare al supermercato? La verità è una che tanti rinvenitori si sono fatti una cattiva reputazione. “tutte persone che non sanno come sbarcare il lunario” si legge in un forum dove si rivendita di fare chiarezza su quando accaduto.

Ora il problema resta di chi si è giocato tutto per credere a qualche sciacallo che prometteva grandi guadagni… la storia si ripete è sempre stato così è sempre così sarà.  Massima tracciabilità, era questa una delle prerogative per cui sono nate le criptovalute. Rimane una delle caratteristiche principali garantita dalla tecnologia che sta a monte, ma non basta per garantire gli investitori e proteggerli da inaspettate disavventure. Ed ecco che in alcuni casi si ripetono pratiche note al mondo della finanza come lo schema Ponzi, operazione spericolata che poche volte porta ai risultati sperati.

In Veneto la procura vuole vederci chiaro su quanto è successo agli investitori di New Finance Tecnology società attiva nella speculazione sulle criptovalute. “Sono, infatti, molteplici gli investitori italiani che si sono affidati a questa società per allocare i propri risparmi, a fronte di una promessa di rendimento mensile garantito pari al 10% del cripto depositate. Le promesse di rendimento di Aiac nft traevano origine, da un lato, grazie alle operazioni di arbitraggio sul valore della cripto e, dall’altro, a seguito dell’invito di nuovi investitori nel progetto tramite passaparola”,

“Se in una fase iniziale, sono state mantenute le promesse di pagamento dell’interesse indicato, con l’aumentare degli investitori, aiac nft ha smesso di attribuire agli stessi i rendimenti promessi e, anzi, i suoi fondatori non hanno ancora fatto nessuna dichiarazione, risultano essere fuggiti all’estero. Migliaia di investitori sono così rimasti senza la possibilità di ottenere la restituzione di quanto versato.

La vicenda in questione – che ha visto coinvolti molti investitori italiani – di sicuro merita il vaglio della procura che visto quando successo meriterebbe un’indagine preliminare sulla Aiac nft per i capi di accusa di truffa aggravata ed esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria”, spiega Dagnino.

“È interessante osservare come lo schema posto in essere da Aiac nft possa essere ricondotto alla classica dinamica del cosiddetto “schema Ponzi”, secondo cui agli investitori sono promessi interessi importanti ed è richiesto di invitare nuovi investitori, i primi investitori sono ripagati con le somme investite e depositate dai nuovi investitori e così via fino a quando il sistema si blocca. Infatti, se il deposito da parte dei nuovi investitori non copre gli interessi dovuti ai precedenti investor, non può essere pagato quanto dovuto e lo schema piramidale viene così svelato”, sottolinea Dagnino.

“L‘operazione costruita da Aiac nft non si configura come una operazione di exit scam o rag pull ben note nell’industria cripto, ma vede coinvolta la moneta digitale probabilmente solo come mero veicolo per attrarre più investitori, da un lato, incuriositi da nuove forme di investimento e, dall’altro, meno consapevoli del funzionamento delle criptovalute che per loro caratteristica sono beni fortemente volatili e più difficili da controllare”.

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A Chieti un investitore è invece rimasto vittima di una truffa partita da un contatto telefonico e finita con il furto di identità digitale. Dei sedicenti consulenti spacciandosi per operatori finanziari autorizzati, proponevano degli investimenti in Bitcoin da eseguire telematicamente. L’investitore è stato invitato ad aprire un conto corrente in un istituto di credito per poi convertire il denaro versato in moneta virtuale la cui gestione, secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa, sarebbe avvenuta attraverso una società che opera nel settore delle criptovalute con sistemi digitali di ultima generazione. Dopo aver eseguito diverse transazioni finanziarie, per migliaia di euro, l’ignaro risparmiatore ha constatato che nel suo portafoglio virtuale non vi erano Bitcoin, ma un saldo pari a zero.

E’ quel punto che l’uomo ha contattato la società d’intermediazione, legalmente autorizzata e risultata estranea ai fatti, venendo a conoscenza di essere stato vittima di frode informatica mediante il furto di identità digitale e che quindi i fondi accantonati erano stati prelevati e immediatamente veicolati, con accredito su un wallet cripto codificato, che ne ha impedito l’identificazione e il conseguente tracciamento.

Le truffe sulle criptovalute, sono solo la punta dell’iceberg del grande e annoso capitolo delle frodi informatiche. Come anche diffuso di recente dalla Polizia postale nel suo report annuale, sono più che raddoppiati – a 114 milioni – gli importi sottratti via web nel 2022 (+58%) con un aumento sia del numero dei casi trattati, sia degli indagati.

In questo contesto, Revolut, super app finanziaria globale con oltre 27 milioni di clienti in tutto il mondo e più di un milione in Italia, ha condotto un’indagine insieme alla società di ricerche Dynata per comprendere se gli italiani sono in grado di riconoscere le minacce informatiche e se sono preparati a gestirle.

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