Lo scorso 28 gennaio il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è volata a Tripoli, in Libia, dov’è stato firmato un accordo tra l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, e da Farhat Bengdara, presidente della National Oil Corporation (NOC), la compagnia petrolifera nazionale della Libia. Un investimento da 8 miliardi di dollari, che consentirà di estrarre gas naturale liquefatto nel mare di fronte alla costa occidentale della Libia a partire dal 2026. Secondo gli esperti, in quell’area si troverebbero infatti due giacimenti di gas, chiamati rispettivamente “Stuttura A” e “Struttura E”, che permetterebbero di fornire 8,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno per i prossimi 25 anni.
L’accordo aumenterà la produzione di gas a favore del mercato interno libico, garantirà l’esportazione in Europa e “consentirà di effettuare importanti investimenti nel settore dell’energia in Libia, contribuendo allo sviluppo e alla creazione di lavoro nel Paese, e rafforzando la posizione di Eni come primo operatore in Libia”, ha dichiarato Descalzi.
“Si tratta, ha aggiunto, “di progetti che sono quasi tutti molto maturi, sono riserve che sono già state scoperte e possono essere messe in produzione velocemente, sviluppando velocemente gas addizionale. Sono quasi tutti progetti a gas quindi si può dire che rientrano in una dinamica interessante sia per l’energia libica ma anche per la sicurezza energetica dell’Europa”.
Il presidente Giorgia Meloni ha così commentato: “È una importante giornata e non a caso la visita a Tripoli è una delle mie prime visite istituzionali nell’area, dimostra che la Libia è una priorità per l’Italia e per la stabilità del Mediterraneo, è una priorità per la sicurezza italiana ed è una priorità per una delle grandi sfide che l’Europa affronta, la crisi energetica”.
Nessuna priorità, invece, al cambiamento climatico. Non rincuora a sufficienza il fatto che il progetto preveda anche la costruzione di un impianto di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS) a Mellitah, considerando gli innumerevoli e autorevoli paper pubblicati negli ultimi anni, in cui esperti e analisti ripetono che, per fermare le emissioni climalteranti causa del cambiamento climatico, bisogna eliminare l’estrazione di gas e combustibili fossili. Per citarne solo uno, secondo lo studio dal titolo “Unextractable fossil fuels in a 1.5 °C world”, pubblicato nel 2021 su Nature da Dan Welsby, James Price, Steve Pye e Paul Ekins, per avere almeno il 50% di probabilità di limitare il riscaldamento a 1.5 °C, la produzione di petrolio e gas dovrebbero diminuire del 3% ogni anno fino al 2050.
Positiva missione del Governo italiano oggi a Tripoli. Siglati importanti accordi su cooperazione, energia e contrasto all’immigrazione irregolare. Abbiamo inoltre espresso piena disponibilità a favorire il percorso verso legittime elezioni e stabilizzazione della Libia. pic.twitter.com/VCIyhqFEgp
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) January 28, 2023
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