Dopo le polemiche dei giorni scorsi, chiesta a gran voce da associazioni e camici bianchi, è arrivata la proroga di un anno, ovvero fino al termine del 2023, della ricetta elettronica. Lo ha stabilito il Governo, riunito in Cdm ieri a Palazzo Chigi, inserendo il posticipo della norma, che scadeva a fine dicembre, nel milleproroghe all’esame del Consiglio dei ministri. La misura, che consente ai medici di ricorrere alla ricetta elettronica sostituendo quella cartacea, era contenuta in un’ordinanza legata alla pandemia ed aveva trovato apprezzamento da una larga fetta degli italiani.
“La proroga della ricetta elettronica – ha dichiarato all’Adnkronos Salute Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) – è un vero regalo di Natale, per pazienti e medici. È un’ottima notizia, perché restituisce ai cittadini un pezzo di sistema sanitario efficiente che consente di poter andare in farmacia con lo smartphone per ritirare i farmaci o per eseguire una prestazione senza stampare inutilmente la ricetta”. Inoltre “dà la possibilità al medico di gestire meglio il rapporto con l’assistito, riducendo la parte burocratica e liberando tempo per la relazione di cura”. Inviare ricette elettroniche “significa anche avere anche più rispetto per l’ambiente. Si risparmia carta, si evita il consumo di toner”, conclude Anelli convinto che “migliore notizia non ci potesse essere per le feste”.
Solo pochi giorni fa l’associazione dei consumatori Adiconsum aveva inviato un appello al Ministro della Salute, chiedendo che la ricetta “dematerializzata” diventi strutturale perché “nell’era della digitalizzazione, il ritorno alla ricetta tradizionale sarebbe un passo indietro inconcepibile”.
Secondo Carlo De Masi, Presidente di Adiconsum nazionale, “la ricetta elettronica rappresenta una semplificazione non di poco conto nell’era della digitalizzazione, considerando anche che il nostro Paese è quello con più persone anziane d’Europa”.
A chiedere che l’utilizzo della ricetta digitale diventi strutturale è anche il Sindacato Medici italiani (Smi), perché – spiega Pina Onotri, segretario Generale del Sindacato – “libererebbe i medici da impropri carichi burocratici”.
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