Libertà di stampa nel mondo: +13,4% giornalisti uccisi, +28% detenuti

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Sono aumentati del 13,4% i giornalisti uccisi nel 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, invertendo una tendenza al ribasso che si protraeva da due anni. Lo riporta Reporters Without Borders (RSF). A pesare la guerra in corso da ormai oltre un anno in Ucraina. Otto giornalisti sono stati uccisi solo in quel conflitto, facendo dell’Ucraina il secondo Paese più pericoloso al mondo per i professionisti della comunicazione e portando a 57 il numero di giornalisti uccisi sul lavoro, contro i 48 del 2021. Tuttavia, resta il Messico in testa alla drammatica classifica, con 11 giornalisti uccisi sul suo territorio negli ultimi 12 mesi, bene 4 in più rispetto al 2021. Resta lo stesso anche l’ambito delle morti messicane: indagini sul traffico di stupefacenti e sulla criminalità organizzata. I giornalisti investigativi corrono il rischio maggiore per la loro vita quando esiste una connessione tra criminalità organizzata, politica e corruzione, come sottolinea l’Osservatorio sulla libertà di stampa. Solo nel gennaio 2022, tre giornalisti uomini e una donna sono stati assassinati in Messico. La Cina, dove la censura e la sorveglianza hanno raggiunto livelli estremi, continua a essere il più grande carceriere mondiale di giornalisti, con un totale di 110 attualmente detenuti. Includono ad esempio Huang Xueqin, un giornalista freelance che si è occupato di corruzione, inquinamento industriale e molestie nei confronti delle donne. Segno anche di una forte repressione, la Repubblica islamica dell’Iran, con 47 detenuti, è al terzo posto al mondo per numero di giornalisti incarcerati, a un mese dopo l’inizio delle massicce proteste tutt’ora in corso e partire dall’uccisione di una ragazza accusata di indossare male l’hijab. Tra i primi giornalisti arrestati c’erano due donne, Nilufar Hamedi ed Elahe Mohammadi , che avevano contribuito ad attirare l’attenzione sulla morte della giovane donna curda iraniana Mahsa Amini. Ora rischiano la pena di morte. Le giornaliste donne rappresentano il 12% di tutte le morti, per un totale di 7 persone. Se i giornalisti incarcerati sono invece in totale 533, le donne sono il 15%: 78, con un aumento del 28% rispetto al 2021. Circa un quarto di loro sono in carcere in Cina e Iran. Tra tutti i gravi casi di detenzione legati all’espressione delle idee, Reporters sans frontières ha sottolineato il caso di Julian Assange, che dimostra come la stampa sia a rischio non solo nelle dittature e nei regimi autoritari, ma anche nei paesi democratici. Per chi non lo sapesse, il fondatore della piattaforma WikiLeaks è ancora detenuto in un carcere di massima sicurezza britannico con una spada di Damocle sulla testa, ovvero la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti, dove finirebbe all’ergastolo per una serie di accuse penali per aver fatto trapelare documenti riservati relativi alla condotta degli Stati Uniti nelle guerre in Afghanistan e in Iraq. Dal 1995, Reporters sans frontières (RSF) compila una indagine sulle violenze e gli abusi contro i giornalisti sulla base di dati precisi raccolti dal 1° gennaio al 1° dicembre dell’anno in questione. I dati di riepilogo 2022 includono giornalisti professionisti, giornalisti non professionisti e operatori dei media. RSF raccoglie informazioni dettagliate che le consentono di affermare con certezza che la detenzione, il rapimento, la scomparsa o la morte di ogni giornalista è stata una conseguenza diretta del suo lavoro. 

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