La Spagna obbliga i ristoratori a offrire l’acqua del rubinetto. Ma forse è troppo presto

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La Spagna ha deciso di imporre alle strutture ricettive – hotel, bar e ristoranti – di offrire ai clienti un’alternativa all’acqua in bottiglia, ovvero l’acqua a chilometro zero, quella del rubinetto. La nuova norma è inserita nel pacchetto approvato dal governo socialista di Pedro Sanchez per contrastare rifiuti e i suoli contaminati, e favorire l’economia circolare, che entrerà in vigore entro il primo gennaio del 2023 (ma la regola sull’acqua è già effettiva). L’obiettivo è ridurre gli sprechi e i rifiuti del 13% entro il 2025 e del 15% nel 2030, rispetto a quelli generati nel 2010. Inoltre, la nuova legge prevede il cibo avanzato da ristoranti e supermercati debba essere donato o trasformato in mangime per animali. Gli avventori del ristorante hanno il diritto di chiedere che la cena non consumata del loro bambino venga impacchettata per portarla a casa. Ma non esiste ancora nel Paese l’infrastruttura per supportare alcuni di questi sistemi. E poco può imporre una legge, se non ci sono le condizioni per capirla e rispettarla. Pare che, nei ristoranti alla moda, il cameriere effettivamente accenni alla possibilità di avere l’acqua gratis del rubinetto, di per se apprezzatissima dagli avventori, ma che all’offerta faccia immediatamente seguito un ammonimento: la scelta non è buona se si tiene alla propria salute. Approvata ad aprile, la nuova legge obbliga i ristoranti a fornire gratuitamente l’acqua del rubinetto ai clienti, naturalmente per ridurre i rifiuti delle bottiglie d’acqua in plastica. Ma la Spagna, specie in certe aree, non è famosa per la qualità delle sue acque potabili. Ad esempio sulla Costa Blanca la percezione dei prodotti chimici presenti nell’acqua del rubinetto è netta. Motivo per cui l’Unione Europea ha ripetutamente ripreso la Spagna: i suoi processi di trattamento delle acque sono inadeguati. Chiaro insomma che non ci si può improvvisare ambientalisti: se provocare un danno ambientale è facilissimo, rimediarlo è lungo e costoso, e – come in questo caso – può avere risvolti inaspettati. Ecco quindi che la resistenza dei ristoratori a fornire un bene primario in modo gratuito – già di per sé naturalmente una possibilità non eccitante – trova facilmente appigli se la qualità dell’acqua non è ottima. Sia chiaro, ove l’acqua è buona, come quasi ovunque in Italia, la scelta dell’acqua del rubinetto è di gran lunga la migliore, perché evita le microplastiche disperse da tappi e bottiglie in plastica. Ma è bene considerare (come avevamo spiegato qui) che per bere l’acqua del rubinetto in sicurezza ci sono delle norme da rispettare, e che dovrebbero pesare (a nostro parere) sullo scontrino: “C’è un procedimento preciso – spiega Annalisa Fortini, tecnologa esperta in scienze e tecnologie alimentari -. L’acqua deve essere raccolta dal rubinetto dopo averla lasciata scorrere per almeno 5 minuti”. In casa, per evitare sprechi, è sufficiente fare piccole scorte dopo aver lavato i piatti, dopo il lavaggio di frutta o verdura. “Poi deve evaporare almeno 15 minuti, meglio mezz’ora, che è il tempo di evaporazione del cloro”. Altro aspetto fondamentale, l’igiene. “È necessario svitare periodicamente il frangiflutti, ovvero il piccolo filtro all’estremità del rubinetto, e lavarlo ogni giorno, magari lasciandolo immerso nell’aceto, perché è lì che più spesso si annidano le impurità, il calcare e i batteri”. Se siamo assenti da casa per un po’, inoltre, “al ritorno bisogna far scorrere l’acqua oltre i 5 minuti”, conclude Fortini.

Photo by Dan Gold on Unsplash

Tornando alla Spagna, vero è che si tratta del quinto produttore di bottiglie monouso nell’Unione europea, secondo Greenpeace, e solo una minima parte viene riciclata. È così un po’ ovunque: anche nel Centro-Sud dell’Italia, per colpa della mancanza di impianti di riciclaggio e per una industria ancora non abituata (o obbligata) a preferire il materiale riciclato. Il Global Waste Index 2022 ha rilevato che la Germania, per esempio, produce molti più rifiuti della Spagna – 632 chilogrammi (1.390,4 libbre) contro 455 chili pro capite – ma che la metà di questi rifiuti viene riciclata, mentre la quota di riciclaggio della Spagna ammonta solo a 86 chilogrammi a persona. Ecco quindi che la scelta spagnola sembra voler passare la responsabilità di una gestione sana e responsabile delle materie prime dal governo ai cittadini, senza però dal loro la possibilità di farlo in sicurezza. Più facile invece apprezzare l’idea di imporre la nuova tassa sui contenitori di plastica monouso, e un’altra sui rifiuti inviati alle discariche o all’incenerimento. “La nuova legge sui rifiuti – ha spiegato May Lopez, esperto di sostenibilità presso la EAE Business School di Madrid – vieta anche la commercializzazione di prodotti in plastica monouso, così come prodotti cosmetici e detergenti contenenti microplastiche, e limita la distruzione o lo smaltimento di prodotti non deperibili invenduti, inclusi tessuti, giocattoli o elettrodomestici”. Fatto sta che Isabel Diaz Ayuso, leader conservatrice del governo regionale di Madrid, ha addirittura paragonato le politiche di Sanchez al settarismo e al comunismo, mentre il movimento ambientalista non è ancora forte in Spagna. 

L’articolo La Spagna obbliga i ristoratori a offrire l’acqua del rubinetto. Ma forse è troppo presto proviene da The Map Report.

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