Biodiversità è sinonimo di “ricchezza della vita sulla terra”: la varietà di organismi viventi tra piante, animali e microrganismi e i complessi ecosistemi che essi costituiscono. Il Mar Mediterraneo, nonostante corrisponda a meno dell’1% di tutta la superficie degli oceani, è considerato uno dei mari più ricchi di biodiversità: ospita circa 17.000 specie, il 18% di tutte le specie marine esistenti. Nel nostro mare troviamo il più alto tasso di endemismi: il 30% delle specie, infatti, sono endemiche, ovvero sono organismi che non si possono trovare in nessun’altra parte del mondo. Ad esempio, la pianta marina Posidonia oceanica, che forma enormi praterie offrendo rifugio a migliaia di specie.
Il Mare Nostrum, purtroppo, secondo i dati della FAO è anche uno dei mari più sovrasfruttati al mondo. Numerose sono le attività antropiche che mettono in difficoltà il mantenimento delle sue funzioni e della straordinaria biodiversità, tra cui l’intenso traffico navale, l’inquinamento, il turismo di massa, l’estrazione di gas, l’urbanizzazione delle coste e la pesca eccessiva e illegale.
Per questo motivo conoscerlo, scoprire le creature che ospita, i preziosi servizi che ci offre e le difficoltà che sta affrontando è fondamentale per salvaguardare e proteggere il patrimonio naturalistico del Mediterraneo. La stessa Posidonia oceanica, in questi anni è messa a dura prova. È una fanerogama, ovvero una pianta marina, con foglie, fusto radici e frutti. La sua presenza in Mediterraneo è
fondamentale per la produzione di ossigeno e la depurazione delle acque. Inoltre, nelle estese praterie di Posidonia trovano rifugio e fonte di cibo centinaia di specie, da piccoli molluschi e crostacei ai pesci più grandi, fino alle tartarughe marine. Le minacce principali sono riconducibili alle attività dell’uomo, principalmente l’inquinamento e l’urbanizzazione delle coste, che aumenta la torbidità dell’acqua rendendo la luce meno disponibile per la pianta.
L’urbanizzazione delle coste è sempre maggiore ed è un fattore che influenza molto il comportamento degli organismi costieri e marini. Tra questi c’è la foca monaca (Monachus monachus), una delle specie più a rischio e l’unica specie di foca del Mediterraneo. Se ne contano a stento 500 esemplari anche a causa della massiccia caccia del passato, in quanto era vista come “ladra di pesci” da parte dei pescatori. In particolare, le foche ricercano spiagge e grotte costiere tranquille per riposarsi e partorire i piccoli, luoghi sempre più introvabili in Mediterraneo. Fortunatamente ad oggi la situazione è in miglioramento grazie a programmi di protezione, infatti gli avvistamenti di nuovi esemplari sono sempre più frequenti. Di recente è stata avvistata per la seconda volta sull’Isola di Capraia, in Toscana, segnale che l’animale si sente abbastanza tranquillo a frequentare quelle zone.
Un’altra specie iconica è la Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo che può arrivare a più di un metro di grandezza. Fino a poco tempo fa era molto comune vederlo tra le fronde della Posidonia sui fondali sabbiosi, mentre oggi gli avvistamenti sono molto rari. La sua popolazione è stata decimata da un’infezione batterica che sembra essere favorita dall’inquinamento delle acque. In questo caso i progetti di protezione sono focalizzati sul ripopolamento, allevando esemplari resistenti all’infezione.
Forse raramente ci pensiamo, ma il Mare Nostrum è ricco di squali e razze. Secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), oltre il 30% delle specie di squali e le razze è minacciato e 39 delle 73 specie fortemente a rischio lo sono nell’ambito del Mar Mediterraneo. In questo caso la causa principale è la pesca eccessiva e il bycatch (con il termine “bycatch” si intende la “pesca accessoria” ovvero le specie che vengono pescate accidentalmente, pur non essendo la specie target da commercializzare). Ogni anno vengono pescati circa 42.000 tonnellate di squali in Mediterraneo, e più della metà sono verdesche, una quantità tale da essere insostenibile e rendendo impossibile alle popolazioni di queste speciedi riprodursi e mantenersi. In questo caso è fondamentale adottare strumenti di pesca più selettivi e istituire Aree Marine Protette, in cui le specie sono protette dalle attività di pesca e possono trovare un rifugio per crescere e riprodursi.
Sono più di 100 le specie a rischio nel Mediterraneo, ognuna delle quali ha un ruolo fondamentale all’interno dell’ecosistema e la cui scomparsa comporterebbe conseguenze drammatiche per l’ambiente e per noi. Per esempio, la scomparsa dei grandi predatori come gli squali, porta una reazione a catena con ripercussioni su tutte le specie dell’ecosistema portandolo al collasso. Gli squali limitano la crescita del numero di altre specie, mantenendo così l’equilibrio fra le diverse forme di vita. In particolare, l’eliminazione degli squali porta a una proliferazione dei grandi pesci (di cui si nutrono) che porta alla drastica diminuzione del numero di pesci erbivori con conseguente proliferazione di alghe. A sua volta l’aumento delle alghe porta con sé l’effetto negativo dell’eutrofizzazione, un processo che avviene in seguito alla loro decomposizione e che porta a una carenza di ossigeno nell’acqua. Questo è solo un esempio che ci fa capire che tutti gli organismi sono fortemente connessi, noi compresi.
Il mare ricopre ruoli fondamentali: produce il 50% dell’ossigeno, assorbe ⅓ dell’anidride carbonica e regola il clima. Tutti processi che avvengono grazie al mantenimento del delicato equilibrio tra gli organismi che lo abitano e l’ambiente. Risulta quindi fondamentale la protezione e la conservazione delle specie e degli ecosistemi per mantenere tutte le sue funzionalità.
L’articolo Mar Mediterraneo: i perché di una biodiversità sempre più a rischio proviene da The Map Report.