Quali le sfide e le difficoltà dei sustainability manager? L’indagine di ALTIS

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In occasione della XX edizione del Corso Professione Sostenibilità, che ha formato oltre 530 manager professionisti della sostenibilità, ALTIS, l’ Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha coinvolto alumni e alumnae di tutte le edizioni in una survey volta ad esplorare evoluzioni, criticità e prospettive che attendono i Sustainability Manager.
I risultati sono stati presentati nel corso di un evento, che si è tenuto presso la sede di via San Vittore 18 e che, per la prima volta, ha voluto riunire gli ex partecipanti delle 20 edizioni del corso, per avviare una riflessione condivisa sul futuro della professione.
Le sfide odierne della sostenibilità in azienda
Secondo i rispondenti, la prova della sostenibilità oggigiorno si gioca sul campo della carbon neutrality (21,6%), seguita dalla necessità di sviluppare nuovi modelli di business più sostenibili (13,4%). In terza posizione, a pari merito, la finanza sostenibile e la diffusione di una cultura condivisa della sostenibilità in azienda (10,3%). Lo stakeholder engagement e l’inclusione, non solo relativa alle questioni di genere ma anche a livello motivazionale e collaborativo dei dipendenti rientrano, invece, tra le sfide più sottovalutate, quando, al contrario, il coinvolgimento degli stakeholder viene indicato come una delle principali leve differenzianti nella sostenibilità d’impresa (di seguito). Emerge quindi come questo sia uno dei principali ambiti in cui è necessario investire maggiori risorse ed energie in futuro.
I freni allo sviluppo della sostenibilità e il dilemma della comunicazione
Se lo scarso commitment del top-management e la carenza di risorse e investimenti sono ciò che rallenta lo sviluppo di politiche ESG per il 18,3% dei rispondenti, ciò che oggi manca di più in azienda è una cultura interna sul tema (29,4%), legata anche a una difficoltà di gestire la comunicazione della sostenibilità.
Infatti, proprio questo tema appare come uno dei più controversi e complessi: se per alcuni rispondenti è la comunicazione eccessiva a porre un freno alla sostenibilità per altri è, al contrario, una comunicazione poco efficace. La criticità sta dunque nel riuscire a tarare in modo adeguato la comunicazione, trovando il giusto punto di equilibrio e il giusto peso, per avere azioni efficaci che non scadano nel greenwashing.
Le “4 C” della differenziazione sostenibile
Ed è proprio la coerenza tra azioni e comunicazione, evitando il greenwashing, ad essere indicato dal 19,2% dei rispondenti come la leva principale di differenziazione quando si parla di sostenibilità aziendale. In un contesto in continua evoluzione, dove la sostenibilità sta diventando un must have, è fondamentale per un’impresa integrarla nella cultura aziendale (17,2%), coltivando lo stakeholder engagement e dimostrando la concretezza dell’impatto generato (16,2%). Sono queste le “4 C” della sostenibilità: coerenza, fare ciò che si dice, dire ciò che si fa; concretezza, generare un impatto significativo e quantificato; coinvolgimento, integrare gli stakeholder nella gestione; cultura, fare della sostenibilità un elemento identitario.
Le skill: il ruolo primario delle competenze soft
Dal punto di vista delle competenze, sono quelle soft a fare la differenza per un professionista della sostenibilità. Considerando la mancanza generalizzata di cultura aziendale sul tema, appare evidente come le capacità di comunicazione e leadership (24,3%) e di pensiero integrato (26,2%) siano oggi fondamentali per lo svolgimento della professione, per saper dialogare con attori molteplici, dentro e fuori l’impresa, e con diverse funzioni aziendali. Competenze che devono essere necessariamente supportate da skill sempre più tecniche, in particolare normative e ambientali (9,3%) e di misurazione (8,4%).

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