All’obiettivo di emissioni nette zero, fissato al 2050 dal green deal europeo, “ci arriveremo solo se raddoppiamo la fornitura di energia elettrica a basse emissioni entro i prossimi otto anni”, dove per “fornitura a basse emissioni” si intendono forme pulite come il solare, l’eolico e l’idroelettrico.
È quanto afferma un nuovo rapporto pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), che tra le soluzioni energetiche per far fronte al cambiamento climatico non contempla il nucleare, perché, a differenza delle rinnovabili, richiede molta più acqua.
“È molto probabile”, si legge nel rapporto, “che la maggior parte dei Paesi verrà colpita sempre più frequentemente da eventi meteorologici estremi e alluvioni. Fenomeni che si ripercuotono anche sulle centrali nucleari, che non solo dipendono dall’acqua per il raffreddamento, ma spesso si trovano anche in pianura e in zone costiere, essendo così più vulnerabili all’innalzamento del livello del mare e inondazioni dovute al clima”.
Ne è un esempio la centrale elettronucleare Turkey Point, in Florida, che si trova proprio sul livello del mare e che, pertanto, nei prossimi decenni rischia di essere minacciata dagli eventi climatici estremi; o la centrale idroelettrica di Yacyreta, al confine con il Paraguay, che a gennaio 2022, a causa di un grosso guasto dovuto ad un’ondata di caldo, ha lasciato 700.000 persone, tra Argentina e Uruguay, senza corrente per diverse ore.
Nonostante le numerose vulnerabilità, sono ancora troppo scarsi gli investimenti in attività di prevenzione dei rischi a livello nazionale. Per questo, il rapporto dell’Omm passa in rassegna alcune regioni e Paesi che stanno applicando diversi metodi di prevenzione e calcolo dei danni, dalla Cina, dove la Beijing JiuTian Meteorological Technology Co. ha sviluppato un sistema di allerta predittiva che integra vari tipi di dati meteorologici, con l’obiettivo di eliminare i rischi mortali e le perdite finanziarie connessi alla costruzione di parchi eolici offshore, alla provincia di Belluno. Qui è stato condotto uno studio che valuta come il rischio climatico impatterà le attività economiche, con un particolare focus sulla regione alpina, dove il cambiamento si è già manifestato, con notevoli effetti in termini di aumento della temperatura (2 °C negli ultimi 120 anni) a un ritmo che è fino al doppio della media globale, con drammatiche conseguenze quali il ritiro e la scomparsa dei ghiacciai.
L’approccio adottato deriva dall’applicazione del metodo SERRA (The Socio-Economic Regional Risk Assessment), sviluppato dal Progetto Kulturisk dell’Unione Europea, conduce un’analisi dei pericoli connnessi alle quattro principali attività economiche – turismo, sport invernali, industria dell’occhialeria e della fornitura di energia elettrica – e ha permesso, per esempio, di pronosticare un aumento del 6,2% nel cosiddetto “rischio di neve bagnata”, fenomeno che renderà impraticabili sport come lo sci, nell’arco di tempo compreso tra il 2036 e il 2065.
L’articolo OMM: per salvare il Pianeta è necessario raddoppiare la produzione di rinnovabili nei prossimi 8 anni proviene da The Map Report.