Nel mondo, oltre 3 miliardi di persone – circa il 40% degli abitanti della Terra – non può permettersi un’alimentazione nutriente. Ogni giorno oltre 30mila persone si aggiungono alla scia di profughi costretti a fuggire dalle loro case a causa di conflitti armati o persecuzioni. Con lo slogan “Non lasciare nessuno indietro” si celebra il 16 ottobre la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, uno dei giorni più celebrati del calendario ONU. Ma il tema è complesso e l’obiettivo particolarmente ambizioso, a fronte di una situazione difficile, resa ancor più complessa dal perdurare della crisi generata dal conflitto in Ucraina. Il sensibile aumento del prezzo dei fertilizzanti e dei prodotti alimentari – tra cui grano, orzo, olio di colza e girasole – sta gettando in stato di crisi paesi già vulnerabili e non solo. Il cambiamento climatico influisce poi sulla resa dei raccolti e sulla loro produttività, favorendo la diffusione di malattie e parassiti e modificando la composizione delle sostanze nutritive dei principali alimenti di base.
“Oggi affrontare l’innovazione per una trasformazione dei sistemi alimentari è fondamentale. Le risorse diminuiscono e la popolazione aumenta, e se ci proiettiamo di qui al 2100 vogliamo riuscire a immaginare un mondo ancora ricco: perché sia così sono necessari approcci circolari e rigenerativi, in cui si inseriscono anche strategie europee che abbracciano l’intera filiera, come ad esempio il progetto Farm to Fork, che ci fa capire quanto sia importante unire le strategie alimentari, agricole, del packaging e della distribuzione per raggiungere l’obiettivo. Ricordiamo il vantaggio di cui godiamo: la nostra cultura si basa sulla dieta mediterranea – ovvero sulla stagionalità di frutta e verdura, sulla riduzione della carne e l’abbondanza di legumi -: pratiche utili che fanno bene a noi e al pianeta”, spiega Sara Roversi, fondatrice del Future Food Institute e firma fra le più autorevoli del nostro magazine The Map Report. “I sistemi alimentari sono complessi e richiedono attenzione ed etica, e tempo. Bisogna impegnarsi e giornate come questa permettono di comprendere la complessità della sfida che abbiamo di fronte: nutrire il pianeta in modo sostenibile”. L’accesso e la disponibilità di cibi nutrienti sono sempre più ostacolati da svariate criticità, tra cui la pandemia, i conflitti armati, le disuguaglianze, l’aumento dei prezzi e le tensioni internazionali. C’è anche un’altra questione. In tutto il mondo i sistemi alimentari sono fonte di un terzo delle emissioni di gas serra globali, che concorrono per l’80% alla deforestazione tropicale e sono uno dei fattori principali del degrado del suolo, della desertificazione, della scarsità delle risorse idriche e della perdita di biodiversità. Anche in Italia. E c’è chi ha lasciato la sicurezza e la comodità del lavoro d’ufficio, per contrastare questo andamento.
Matteo Legnani, 33 anni e 5 figli, ha lasciato il posto fisso e la certezza dello stipendio per vivere e lavorare in modo più coerente con il rispetto e la cura che sentiva per la questione ambientale. Oggi ha affittato un campo alle porte di Milano, lavora la terra come facevano i nostri nonni e vende verdura ormai scomparsa dagli scaffali dei supermercati – dal cavolo riccio ai friggitelli, barbabietole e rape – coltivata in modo sostenibile e a chilometro zero. “Lavoravo nel settore assicurativo ma sapevo che non era il mio destino. Ora mi definisco agricoltore contadino, punto a recuperare la tradizione e le colture scomparse, stagionali, che non richiedono quindi surplus di energia. Oggi siamo abituati a mangiare solo carote, patate, zucchine e pomodori, ma c’è molto altro: più sano e meno impattante. Utilizzo l’irrigazione a goccia, uso quasi solo materiali di recupero, faccio una scelta oculata delle colture sfruttando anche le caratteristiche biologiche delle piante che possono sostenersi a vicenda. Vendo tramite gruppi di acquisto e faccio consegne a casa. A Milano c’è pochissima offerta di verdura naturale e moltissima domanda”, ci racconta. “Scegliere un prodotto al posto di un altro, un canale al posto di un altro, seguire la stagionalità sono tutte scelte da non sottovalutare: possono avere un impatto sul nostro futuro e su quello delle generazioni a venire”, commenta Sara Roversi. Del resto l’Onu ci avverte in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione: l’azione necessaria è un’azione globale. Il mondo interconnesso di oggi è un luogo in cui le nostre economie, culture e popolazioni sono sempre più legate. La nostra vulnerabilità può dipendere da fattori personali o geografici, ma in realtà tutti siamo fragili. Lasciando indietro qualcuno, l’anello della catena si spezza e le conseguenze si riflettono non solo sulla vita di quella persona, ma anche sulla nostra.
L’articolo World Food Day: il 40% dell’umanità non si può nutrire bene e in Italia c’è chi molla tutto per fare il contadino proviene da The Map Report.