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UE: tagliare le foreste per riscaldarsi continuerà ad essere possibile (e incentivato)

Respinta dall’Unione europea la richiesta di un completo abbandono del legno come fonte di energia “rinnovabile”, che quindi continuerà ad essere sostenuta e incentivata a livello comunitario, nonostante la scienza abbia da tempo chiarito che rilascia più carbonio nell’atmosfera rispetto alla combustione di gas o persino rispetto al carbone. Votando su un emendamento alla direttiva sull’energia rinnovabile dell’UE, i deputati hanno invece chiesto di “abbassare gradualmente” la quota di alberi conteggiata come energia rinnovabile negli obiettivi dell’UE. Ma hanno deviato fissando qualsiasi data per ridurre la combustione del “legno primario” come combustibile. A pesare sul voto anche il difficile momento che l’Europa si trova ad affrontare con l’inverno alle porte, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e delle note conseguenze a livello di approvvigionamento di gas e i rincari alle sue alternative. L’Europa punta a espandere le energie rinnovabili in questo momento, e il più rapidamente possibile, poiché cerca di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi. I deputati hanno votato affinché il 45% dell’energia dell’UE provenga da fonti rinnovabili entro il 2030. Ma appunto anche il pellet e il legno abbattuto direttamente a questo scopo continueranno a far parte delle fonti considerate rinnovabili, nonostante oltre 500 scienziati lo scorso anno abbiano chiesto ai leader dell’UE e del mondo di porre fine ai sussidi per la combustione del legno. Sono numerose ormai le prove sull’impatto della combustione di biomassa. Solo in Italia, secondo l’Arpa (l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) e il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), il 39% delle emissioni di PM10 è di origine domestica ed è proprio dovuto alla combustione di pellet e legna utilizzati per riscaldare le case. Regole che limitano l’utilizzo dei camini sono state adottate in Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana, ma i controlli sono inesistenti e di fatto l’uso di stufe e camini – soprattutto a seguito degli incentivi, appena rinnovati nel nostro Paese – è diffusissimo. Poi c’è naturalmente il danno legato alla deforestazione, di cui di recente ha parlato il New York Times con un’ampia indagine dal titolo “L’Europa sta sacrificando le sue antiche foreste per l’energia”. Gli scienziati affermano che il forte aumento delle emissioni di carbonio causato dall’abbattimento degli alberi crea un “debito di carbonio” che il mondo non ha il tempo di ripagare. “Gli alberi sono più preziosi vivi che morti sia per il clima che per la biodiversità”, hanno scritto nella già citata lettera. Eppure la votazione tanto attesa ha solo bandito i sussidi alla combustione di “biomassa legnosa primaria”, e quindi semplicemente non ci saranno fondi pubblici (13 miliardi di euro in sussidi alla bioenergia nel 2020) a sostenere il taglio di alberi sani per farne carburante. 

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C’è comunque un cauto ottimismo. Al Guardian Alex Mason, responsabile della politica climatica ed energetica dell’UE presso il WWF, ha detto che il voto degli eurodeputati è un punto di svolta: “Per la prima volta, un’istituzione dell’UE ha riconosciuto che bruciare alberi potrebbe non essere il modo migliore per liberarsi dai combustibili fossili e fermare cambiamento climatico incontrollabile”. Certo è che stare al passo con la scienza, per la politica, è ancora qualcosa di estremamente lento. Il voto è stata diretta conseguenza – tra l’altro – di un enorme scandalo che ha colpito il mercato del pellet. Un’indagine congiunta tra Usa e Romania ha infatti rivelato nei giorni scorsi che gli alberi nelle foreste protette dell’Europa orientale vengono abbattuti e trasformati in pellet per il riscaldamento. E questo genere di frodi non stupisce così tanto se si considera che, secondo Eurostat, il servizio statistico dell’UE, bruciare legna fornisce circa il 40% dell’energia rinnovabile dell’UE. Il Centro comune di ricerca (JRC) della Commissione europea afferma che circa la metà di questo legno è “biomassa legnosa primaria”, ovvero proviene dalle foreste, e solo metà è biomassa legnosa “secondaria”, cioè residui dell’industria o del consumo di legno. Dal 1990, a causa degli incentivi per le energie rinnovabili elargiti dai governi europei – Italia in primis, che è primo consumatore al mondo di pellet -, la combustione del legno è quasi triplicata. Ed è facile capire perché: gli ultimi incentivi approvati prevedono la possibilità di sostituire gli impianti a gas con altri a pellet, richiedendo al GSE un rimborso del 65%. Cosa ancor più sconcertante, la notizia è ammessa senza ombra di critica da uno dei principali giornali “ambientalisti” d’Italia.

L’articolo UE: tagliare le foreste per riscaldarsi continuerà ad essere possibile (e incentivato) proviene da The Map Report.

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