Si fa più concreto il rischio che la Russia interrompa i flussi di gas verso l’Italia e di conseguenza si delineano più stringenti le regole stilate dal ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, attraverso il piano nazionale di contenimento del gas, che con un decreto operativo entro fine settembre intende ridurre i consumi degli impianti di riscaldamento domestico, negli uffici pubblici e privati e nei locali commerciali in tutto il Paese. L’obiettivo è tagliare di 5,3 miliardi di metri cubi la domanda di metano imponendo alcuni obblighi. In più ci saranno raccomandazioni per la popolazione, che si spera ci permettano di risparmiare altri 2,7 miliardi di metri cubi di metano: a questo scopo partirà una campagna di sensibilizzazione della Presidenza del Consiglio nei prossimi giorni. Tra gli obblighi sappiamo che si ridurrà l’accensione dei riscaldamenti per un totale di 15 giorni, posticipando la stagione di avvio di 8 giorni a novembre e anticipando la chiusura di sette giorni a marzo. I termosifoni dovranno ridurre di un grado la temperatura — da 20 a 19 gradi massimo — e di un’ora in meno in considerazione delle diverse fasce climatiche che compongono il nostro lungo Paese. Ma come e chi ha stabilito queste fasce? L’Italia ha climi molto diversi da regione a regione ma anche a seconda della provincia e questo clima, come noto, è in costante cambiamento. A tal proposito l’Arpa dell’Emilia-Romagna ha recentemente pubblicato uno studio di rilievo nazionale sulla riduzione dei fabbisogni energetici per il riscaldamento, in seguito alle mutate condizioni climatiche regionali, disponibile sulla rivista Ecoscienza: “L’Emilia-Romagna si scalda, spegniamo i termosifoni“. L’articolo, frutto di una collaborazione tra l’Osservatorio clima e l’Osservatorio energia dell’Agenzia, è disponibile anche online nel n. 2/2022 della rivista Ecoscienza. L’articolo si riferisce direttamente al decreto governativo e alla suddivisione dei comuni italiani in sei fasce climatiche (da A a F) di cui tiene conto. In base ad esse regolamenta il periodo dell’anno e le ore di esercizio giornaliero degli impianti di riscaldamento negli edifici pubblici e privati. Peccato che le fasce climatiche sono state stabilite negli anni ‘80, e “non corrispondono al quadro regionale attuale, caratterizzato da inverni più miti e dall’accorciamento della stagione fredda”, scrivono gli esperti nell’articolo. Grazie alla banca dati meteorologica Erg5, prodotta dall’Osservatorio clima e disponibile open data, “è stato possibile operare un confronto tra il popolamento delle fasce climatiche come da DPR 412/93 e quello risultante al clima recente (2001-2021): il progressivo riscaldamento del periodo invernale ha portato a una cospicua diminuzione dei Comuni appartenenti alle fasce più fredde (E, F) e a un aumento di quelli nella fascia relativamente più calda (D)”. Si parte dal fatto che l’unità di misura che definisce le fasce climatiche è il grado-giorno di riscaldamento, ovvero la differenza tra la temperatura standard di comfort negli interni (20 °C) e la temperatura media giornaliera osservata (tra parentesi la Regione Emilia-Romagna mette a disposizione anche i valori giornalieri di gradi-giorno per ogni Comune, sempre sul portale Arpae). Come si vede nel confronto sotto, le zone oggi nella fascia più calda sono notevolmente aumentate, e possiamo solo immaginare quanto questo valore possa ulteriormente variare al sud Italia ma anche nelle regioni costiere. Nell’immagine si vede la classificazione dei Comuni dell’Emilia-Romagna nelle diverse fasce climatiche: la situazione attuale è quella a sinistra, mentre a destra c’è la suddivisione sulla base dell’aggiornamento al 2001-2021.
“Se a un cambiamento così rilevante in termini climatici facesse seguito un aggiornamento legislativo, si otterrebbe un calo dei consumi energetici regionali con conseguenze positive in termini di adattamento ai cambiamenti climatici, riduzione delle emissioni di CO2, qualità dell’aria e contrasto all’attuale crisi energetica”, conclude lo studio. Insomma, con un aggiornamento dei dati (disponibili) a livello nazionale, potremmo agire di più dove il riscaldamento serve meno, e agire meno nelle porzioni di territorio che invece continuano ad avere inverni più rigidi.
L’articolo Decreto energia, Arpae Emilia-Romagna: “Fasce climatiche stabilite negli anni ‘80” proviene da The Map Report.