
In Alta Savoia, un antico alpeggio diventa il teatro di una straordinaria collezione di design contemporaneo. E il nido di una gallerista con la sua famiglia.

Non ci erano volute più di quarantotto ore. Vista la vecchia malga, Armel Soyer, gallerista parigina ed editrice di mobili da collezione, e suo marito Gilles Pernet, fotografo e direttore artistico, l’avevano acquistata cinque anni fa nel giro di due giorni per farne la destinazione delle loro vacanze: dopo anni di weekend in Normandia era tempo di cambiare orizzonte.

«Ci hanno stregato il paesaggio e la vista mozzafiato del Monte Bianco», ricorda lei oggi. Affacciandosi dal terrazzo si ammira la cima perennemente innevata che spunta come un totem da lontano. Ma chi avrebbe detto, allora, che le valigie sarebbero state posate per restare? Invece Soyer, insieme al marito e ai figli Ernest e Ange, ha fatto dello chalet la sua seconda galleria, e la sua casa.
Abbiamo deciso di vendere l’appartamento a Parigi e venire a vivere in montagna, tenendo in città solo un pied-à-terre: l’opposto del normale!» Armel Soyer

«Subito dopo averla comprata», racconta, «ci siamo accorti che richiedeva un’importante ristrutturazione. È stato così che abbiamo deciso di vendere l’appartamento a Parigi e venire a vivere in montagna, tenendo in città solo un pied-à-terre per gli appuntamenti di lavoro: praticamente l’opposto del normale!».

Appollaiato a 1.100 metri di altitudine nella Val d’Arly, a dieci minuti da Megève, questo fabbricato antico di secoli era stato utilizzato come abitazione e come ricovero per gli animali fino agli anni ’60 – al piano superiore c’era ancora il fieno immagazzinato per l’inverno –, e cadeva letteralmente a pezzi. Era tuttavia fuori discussione un rinnovamento radicale che ne cancellasse l’essenza. Si optò invece per mantenere l’esterno il più possibile autentico, adattando a uno stile di vita moderno i volumi all’interno, 400 metri quadrati suddivisi su due livelli, preservandone la patina. «È stato utilizzato il legname che abbiamo trovato all’interno e, laddove non era possibile ricorrere a materiali di recupero, li abbiamo sostituiti con assi di abete spazzolato e tinto».
«Con questo concetto di casa-galleria volevo mostrare come il design contemporaneo possa essere caldo e accogliente»


Mentre lei si occupava degli arredi, il marito si occupava degli aspetti architettonici (come la scala che collega i due piani, scultorea, sormontata da una cappa dentellata). I due hanno in comune, sostiene Soyer, il fatto di non seguire traiettorie prestabilite. «Sperimentiamo di continuo e certo non potevamo essere sicuri del risultato, ma alla fine ci ha convinto», dichiara soddisfatta. «Ogni angolo è stato allestito per esaltare il carattere dei mobili che vi abbiamo collocato». Un repertorio che naturalmente ha molte affinità elettive con quello che Soyer espone nella galleria-showroom di Parigi, pezzi dalla spiccata personalità opera di artisti internazionali («Ma non artisti di montagna, perché mi piace portare aria nuova…»), tra cui Christopher Boots, Julian Mayor, Olga Engel e Denis Milovanov, perfettamente a loro agio in uno spazio tutto boiserie. «Con questo concetto di casa-galleria volevo mostrare come il design contemporaneo possa essere caldo e accogliente».
«Per la ristrutturazione è stato utilizzato il più possibile il legname che abbiamo trovato all’interno, oppure assi di abete spazzolato»

Lo chalet è incuneato sul dislivello di un declivio. Ex fattoria di montagna, è stato restaurato impiegando artigiani del luogo. I lavori tra esterno e interno sono durati tre anni. Foto di Erick Saillet
All’inizio la gallerista non aveva fatto molta pubblicità a questa scelta di spostare il baricentro della sua vita sui monti, sapendo che in molti non l’avrebbero capita. Ma per lei e Pernet, cresciuti in campagna, era un’ottima scusa per riconciliarsi con la natura (qui ha portato anche i suoi cavalli), e il nuovo scenario si è presto rivelato foriero di buonumore e affari: «Tutta l’area di Megève, d’altra parte, non è uno di quegli ski resort nati nel nulla. Furono i Rothschild a costruire negli anni ’30 e le persone qui coltivano l’art de vivre che si è persa nella frenesia della città: ricevono, addobbano casa e sono nello stato d’animo perfetto per collezionare». È così che Soyer ha, in seguito, riattato un piccolo chalet anni ’50 «tout comfort» nella stessa proprietà per farne una guest house, e ha inoltre aperto, prima di Natale, una nuova galleria nel centro del paese. Pandemia permettendo. Ma sopra le nuvole, anche la realtà è più vicina ai sogni.
L’articolo originale è stato pubblicato su AD Italia