Salve Marco, la sua lettera “Io vi accuso” in difesa dei valori è diventata virale nel web nel giro di poche ore, l’aveva previsto?
R.: “Sinceramente no. La lettera è nata come un semplice sfogo sottoforma di post sulla mia pagina Facebook. Dalla condivisione dei miei amici si è creato un effetto a catena che ha coinvolto migliaia di persone ed estendendosi anche ad altri mezzi social. Sono rimasto stupefatto”.
Il ruolo da insegnante l’ha spinta a scrivere questa lettera, appassionata e commovente?
R.: “Senza dubbio. Probabilmente la condizione di didattica a distanza che sto vivendo, con tutti i limiti e le restrizioni formative che comporta, ha amplificato un senso di frustrazione per la consapevole difficoltà di riuscire ad agire su un tema che come docente sento dirimente: quell’imbarbarimento sociale delle nuove generazioni che ho per l’appunto provato a descrivere nella lettera. Vedere tanti alunni vittime di processi diseducativi ormai debordanti, avvertire quasi un senso di impotenza di fronte a questo mondo trash che li fagocita e vedere spesso vanificati in pochi secondo enormi sforzi formativi costruiti con ore di lezione, mi ha scatenato un sussulto di rabbia e indignazione che alla fine ho riversato in questa lettera”.
3 Il web non solo si è scatenato, ma ha rivelato molti sostenitori a suo favore, cosa ne pensa o cosa spera che possa accadere?
R.: “E’ vero. Non sono mancate critiche e commenti spesso sprezzanti, ma ho ricevuto anche tantissimi messaggi di sostegno e apprezzamento. Una splendida, quasi rigenerante sensazione sapere che quanto penso e ho scritto è condiviso da migliaia di cittadini, perché ho capito che in me e in tante altre persone si stava consolidando quasi un senso di rassegnazione per i danni sociali e culturali causati dal mondo trash, tale da indurci a non reagire, accettando passivamente le conseguenze. Invece mi sembra di aver innescato una reazione e questo non può che rendermi felice. Sapere che siamo in tanti ad essere indignati restituisce speranza e voglia di agire. Sogno che questa lettera possa diventare un manifesto condiviso e sottoscritto da uomini di cultura importanti del nostro Paese: artisti, scrittori, attori, cantanti; sia chiaro, non per vanità ed egocentrismo, ma perché il messaggio che potrebbero lanciare persone note potrebbe essere molto più potente ed efficace del mio”.
A causa della tv che propina modelli trash e mediocri, le nuove generazioni si ritrovano con dei modelli di riferimento basati sull’ignoranza e la mediocrità?
R.: “Il punto della questione è senza dubbio questo. Non solo modelli trash e mediocri ma soprattutto una esasperata necessità di emulazione che trovo estremamente preoccupante; non solo per i livelli di cultura ed educazione che inevitabilmente si radicano nella società ma soprattutto per i processi educativi che si consolidano tra i ragazzi, facendo saltare scale di valori e sgretolando punti di riferimento irrinunciabili. E’ evidente, come in molti hanno sottolineato, che la Tv trash è solo una componente di quello che ho definito ‘un processo perverso’, perché non c’è dubbio che internet abbia molta più influenza sugli adolescenti. Ma ritengo la televisione, e certi tipi di trasmissioni, la genesi di questo male che ha pervaso ormai tutto il mondo della comunicazione e dell’intrattenimento; perché è altrettanto evidente, a mio parere, che internet, nei suoi paralleli processi diseducativi, si è plasmato negli anni sui riferimenti offerti dal mondo televisivo, trasferendoli e amplificandoli nella rete”.
Le statistiche hanno rivelato che i programmi trash, sono seguiti non solo da persone con un livello culturale basso ma anche dalle persone con un livello più elevato, cosa ne pensa?
R.: “Non ho contezza e conferma di queste statistiche, su cui nutro qualche dubbio. Ma il fatto che anche persone di un certo livello culturale possano seguire trasmissioni trash conferma il potenziale dannoso di certi programmi e la gravità del problema: vuol dire che il concetto di cultura è in crisi e che l’intrattenimento, di cui tutti abbiamo bisogno, si sta omologando al trash, senza adeguati filtri e capacità critica anche in una platea più ‘colta” di spettatori. E il problema, a questo punto, appare ancora più preoccupante”.
La sua lettera da molti non è stata vista come una denuncia, ma un vero atto d’amore verso il nostro Paese, è realmente così?
R.: “Direi più semplicemente che è una denuncia che nasce da un sentimento d’amore verso il Paese e i nostri giovani; sentimento che è alla base del lavoro di insegnante che svolgo. E’ normale sperare che i nostri studenti crescano con sani valori di riferimento e possano diventare persone in grado di dare il loro contributo nella società. Ed è altrettanto inevitabile indignarsi e reagire se ci si rende conto che questo non accade”.
Accertata la responsabilità di tali programmi, che cosa dovrebbe cambiare secondo lei e come?
R.: “Credo in primo luogo, sebbene sia quasi una utopia, che tutto il mondo televisivo, social e comunicativo, sia pubblico che privato, debba dotarsi di un codice etico ed educativo condiviso. Difficile chiederlo a chi da questo mondo ricava un profitto, mi rendo conto, ma non possiamo accettare la deriva del ‘tutto è lecito’ in nome del successo. Proprietari, produttori, conduttori dovrebbero porsi il problema etico dei messaggi e dei valori diffusi dai loro programmi, dell’impattante incidenza educativa che spesso hanno sul pubblico, soprattutto quello adolescenziale. Aprire una seria riflessione su questo tema, tra gli attori protagonisti del mondo mediatico, sarebbe già un significativo passo avanti. Così come la scuola dovrebbe cominciare a rivedere seriamente i suoi programmi. Siamo ancora troppo ripiegati sul mondo chiuso dei libri e delle programmazioni e ci sfugge invece quello che accade fuori dalle aule. Mi piacerebbe una ‘educazione al mondo’ come materia stabile nelle nostre classi e non sporadica iniziativa di qualche singolo docente, come accade oggi: una costante lettura del mondo giovanile attuale, fatta insieme ai ragazzi, su cui trasferire quei valori educativi fondanti della nostra Costituzione e del nostro sapere e su cui ogni materia può offrire il suo contributo. Fermo restando che, è una mia convinzione, la musica, l’arte, il cinema dovrebbero entrare a pieno titolo nella scuola italiana, dove ricoprono ancora un ruolo marginale”.
Un messaggio di rinascita?
R.: “Un messaggio punto e basta. Già saperlo cogliere e interpretare è di per sé l’inizio di un percorso nuovo”.
Writer
Gabriella Chiarappa