L’arredamento è politica: Joe Biden cambia mobili e quadri nello Studio Ovale

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    michele mazzon la nuova venezia

    Nella storia e nella politica degli Stati Uniti i simboli sono importanti. Nella Casa Bianca, icona secolare della democrazia e del potere d’America, ritratti, dipinti e immagini hanno sempre avuto un ruolo che va oltre il semplice valore del quadro stesso. All’interno della residenza presidenziale al numero 1600 di Pennsylvania Avenue (un indirizzo che ogni americano conosce a memoria) lo Studio Ovale, l’ufficio del presidente, è sinonimo “del potere e della maestà” (come sottolinea il Washington Post) della democrazia Usa.

    Entrando nello Studio Ovale, nel primo pomeriggio di lavoro dopo avere giurato come nuovo Commander in Chief, Joe Biden ha firmato quindici ordini esecutivi e due direttive presidenziali per dare un immediato segnale di cambiamento rispetto ai quattro anni di Donald Trump. Contemporaneamente, ha voluto anche cambiare visivamente quella stanza che è il simbolo stesso del suo potere.

    Il presidente Joe Biden nello Studio Ovale (ansa)

    Le icone della storia americana

       Ecco quindi che sulle pareti compaiono nuove immagini di leader e di icone della storia americana, a fare da contorno ad un grande ritratto di Franklin Delano Roosevelt, il presidente del New Deal che quasi un secolo fa ha reso gli Stati Uniti la prima potenza mondiale. E che campeggia in bella vista di fronte a ‘Resolute’, la famosa scrivania (fu un regalo della regina Vittoria al presidente Rutherford Hayes nel 1880) su cui hanno lavorato i diversi Commander in Chief dell’ultimo secolo. 

      Roosevelt come chiaro simbolo del presidente (e dell’uomo) che ha cambiato il corso degli Stati Uniti dopo la gravissima crisi economica del 1929 e che ha guidato il paese nordamericano fino alla Seconda Guerra Mondiale, vincendo una sfida che molti negli Stati Uniti degli anni Trenta/Quaranta (soprattutto i fautori dell’America First che ha ispirato Trump) ritenevano impossibile.  

       Ritratti e busti. Come quello del terzo presidente, Thomas Jefferson (1801-1809) e del ministro del Tesoro Alexander Hamilton (come Jefferson uno dei ‘padri fondatori’ degli Stati Uniti) appesi l’uno vicino all’altro. Due uomini che spesso non andavano d’accordo, ma che Biden ha voluto vicini proprio a simboleggiare la nuova unità necessaria oggi all’America per ripartire dopo gli anni divisivi del trumpismo: “Segni distintivi di come le differenze di opinione siano essenziali per la democrazia”.

       Il busto di Martin Luther King, il leader afro-americano delle gradi marce contro la discriminazione razziale, è a fianco di quello di Robert F. Kennedy – fratello del primo presidente cattolico (anche Biden lo è) ucciso a Dallas – e assassinato anche lui quando era in piena corsa per la Casa Bianca nel fatidico 1968. In quell’anno, solo pochi mesi prima, era stato assassinato anche Luther King e i due uomini sono da allora il simbolo democratico di una stagione di cambiamenti epocali e di un’America divisa e drammatica. 

    Il leader degli attivisti ispanici per i diritti civili

     Dietro il Resolute Desk c’è un busto di Cesar Chavez, leader degli attivisti ispanici per i diritti civili. Ci sono i busti di Rosa Parks, la donna, afro-americana, che il primo dicembre del 1955 si rifiutò di cedere il posto a un bianco su un autobus dove vigeva l’apartheid, c’e quello di Eleanor Roosevelt (la moglie del presidente). C’è una scultura di un cavaliere a cavallo, un guerriero della tribù Apache Chiricahua che apparteneva (è morto otto anni fa) al senatore democratico Daniel K. Inouye, il primo giapponese-americano eletto in entrambe le Camere del Congresso Usa. Sono i simboli delle minoranze cui Biden vuole dare uguaglianza e completa dignità rispetto a quell’America bianca e razzista che The Donald ha blandito e foraggiato.

      Ci sono, ovviamente, i due presidenti simboli per eccellenza: George Washington, l’uomo dell’indipendenza e primo Commander in Chief, e Abraham Lincoln, il presidente (repubblicano) della guerra civile e dell’abolizione dello schiavismo. Rimosso invece il ritratto di Andrew Jackson, presidente di un populismo ottocentesco che Trump aveva appeso nello Studio Ovale. Jackson firmò l’Indian Removal Act, che portò a migliaia di morti di nativi americani, mentre altre decine di migliaia furono costretti a lasciare territori e case per fare spazio ai coloni bianchi in quello che venne chiamato il “Sentiero delle Lacrime” in cui morirono 4mila indiani Cherokees.

      A completare le icone un dipinto che raffigura Benjamin Franklin e che vuole rappresentare la determinazione e il credo di Biden nella scienza. È stato collocato vicino a una roccia lunare, che ricorda l’ambizione e i successi dell’America di mezzo secolo fa.

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