Con i suoi o da un grande cuoco. Meglio tra le montagne d’Abruzzo. Per Gianluca Ginoble del gruppo musicale Il Volo sono questi i piatti indimenticabili
Neanche se avessi tenuto, come si usava una volta, un diario, riuscirei a elencare tutto ciò che ho mangiato da quando, a quattordici anni, ho cominciato a girare per il mondo con Piero e Ignazio, i miei compagni di sempre e di tutto: il palcoscenico, gli scherzi, le cose serie. Ho mangiato davvero di tutto, dal Giappone al Vietnam. Credo però che non avrei un palato altrettanto desideroso di avventura se non fossi cresciuto con la mia cucina, quella abruzzese, nata da una terra scabra che fa di necessità virtù e insegna i sapori forti della pecora, delle interiora, delle erbe di montagna. E tempra il carattere e il gusto. Merito anche di mio nonno Ernesto, che era il corno contralto della banda di Montepagano, il centro abitato più antico del comune di Roseto degli Abruzzi, e mi portava con sé nelle trasferte per gli eventi e le feste patronali dei paesi intorno. Perciò per uno come me, che fa vita brada, i pranzi memorabili non sono quelli nei locali famosi ma quelli con le persone più care con cui a tavola si ride, si brinda, si scherza. E si ricorda.
Tutti insieme, non era facile
Riuscire a mettere a tavola insieme mamma Leonora, papà Ercole, nonno, fratello, cugino è sempre una specie di scommessa. Però poche settimane fa l’ho vinta. L’idea era ignorare la comodità dei ristoranti di pesce che abbondano a Roseto degli Abruzzi dove abito e puntare verso l’interno dove si fa ancora la vera cucina abruzzese. Tutti d’accordo nel prenotare da Rosy, a San Gabriele dell’Addolorata, nome del ristorante e della cuoca, lì ai fornelli da quasi cinquant’anni. Un’ora e mezza di guida ed eccoci seduti. Avete presente quelle trattorie anni Sessanta dove si celebrava il pranzo della domenica? Cordiali, familiari, con la padrona che ripassava per il bis dei primi e alle quattro del pomeriggio si era ancora seduti a tavola? Ecco.
Cala il silenzio
Siamo partiti dalle bruschette con la ventricina, il prosciutto al coltello e il brindisi iniziale col Montepulciano d’Abruzzo. Poi gli gnocchi alla boscaiola, specialità della Rosy, con carne, piselli e funghi. Come succede quando le cose sono davvero buone al tavolo è calato il silenzio. Mi sono concesso anche un assaggio di spaghetti alla chitarra con le polpettine e il sugo di ragù. Senza problemi. In questo periodo, con le tournée spostate al 2021, vado in palestra quattro volte alla settimana e faccio dieta proteica. La mamma, che cucina benissimo, si diverte ad assecondare le mie richieste di sushi e di condimenti esotici, come ha fatto con mio fratello Ernesto nei mesi in cui si è immerso nell’esperienza vegana. Poi Rosy ha portato il trionfale misto di carne alla brace: agnello alla griglia, arrosticini di castrato, pancetta di maiale, col loro contorno di patate al forno e verdure. Sarà il Montepulciano d’Abruzzo, ma ogni volta a questo punto nonno Ernesto si commuove: «Non posso crederci: erano gli anni Sessanta, guardavo Modugno a Sanremo, e adesso tu sei famoso come lui». Poi è stata la volta della «pizza dolce», il dessert che da noi fa la festa: strati di pan di Spagna bagnato nell’alkermes, crema, cioccolato.
Per chiudere, l’amaro
Gran finale col liquore alla genziana, il digestivo amarissimo che ognuno si fa in casa con ricetta segreta. Al ritorno la guida è stata lenta e prudente e la domenica, come una volta, è finita in quieta felicità. Questo il mio pranzo memorabile a oggi. Ma forse, se me lo aveste chiesto tra qualche settimana, vi avrei raccontato quello che sto per fare in Val di Sangro, a Casadonna, da Niko Romito, il nostro chef-bandiera, col quale ci siamo incontrati a Porta a Porta da Bruno Vespa, per celebrare i più famosi abruzzesi dell’anno. So già che sarà memorabile.