Utoya, a dieci anni dalla strage il memoriale di Oslo divide i norvegesi

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BERLINO – Settantasette colonne di bronzo alte tre metri, come tante grandi lapidi tombali. Così, come un solenne cimitero, apparirà il memoriale della strage di Utoya, l’isola non lontano da Oslo dove il fanatico neonazista norvegese Anders Behring Breivik il 22 luglio 2011 massacrò a freddo, spietato con le sue armi di precisione, 69 ragazzi della gioventù laburista norvegese, dopo aver assassinato altre otto persone in centro con un attentato dinamitardo che distrusse il palazzo del governo. Il memoriale sorgerà a Utoyakaya, quel tratto di spiaggia sulla terraferma da dove parte il traghetto per l’isola.

Le autorità e i giovani laburisti sperano che sia pronto il 22 luglio di quest’anno, per loro è una degna celebrazione del decennale, in nome della Memoria. Ma molti abitanti del luogo non sono d´accordo, e si sono rivolti alla giustizia per bloccare il cantiere già al lavoro: non vogliono vivere con il ricordo dell’eccidio davanti alle loro finestre o alla porta di casa. Dieci anni dopo, mentre Breivik – condannato a 21 anni – consuma i suoi giorni da detenuto di lusso in un trilocale nel più sorvegliato carcere di massima sicurezza del regno, la sofferta polemica spacca la Norvegia.

“Io c’ero, ricordo ancora quelle ore terribili”, narra alla Agence France Presse un abitante del posto, Terje Lien, oggi pensionato 75enne. “Udii spari e raffiche. Mio figlio mi chiamò, vedeva decine di giovani, alcuni feriti, che tentavano di scampare alla strage nuotando su quel corto tratto di mare di seicento metri da Utoya e la terra ferma. Prendemmo subito la nostra barca, altra gente di qui fece lo stesso. Riuscimmo alla fine a salvare e portare a riva 28 giovani, mentre il massacro continuava, e udivamo raffiche e urla. Poi alla fine, tardi, arrivarono gli agenti speciali. Non conoscevano bene il luogo, li accompagnammo, e davanti ai nostri occhi vedemmo quelle decine di giovani uccisi, vite spezzate dal nazista, e altre decine giacere a terra feriti in pozze di sangue”.

Terje Lien fu ricompensato con una medaglia, il popolare sovrano, re Harald, gliela consegnò di persona e gli strinse a lungo la mano. “Ma cosa volete che importi, non vogliamo vivere ogni giorno nel trauma davanti il ricordo di quell’incubo, che il memoriale riaccenderebbe”.

La denuncia di gruppo degli abitanti del posto contro governo e gioventù laburista per bloccare la costruzione del memoriale divide il Paese. I familiari delle vittime non cedono, vogliono il monumento a ogni costo. “È giusto che sorga là a Utoyakaya, il luogo dove tutto avvenne”, afferma Lisbeth Kristine Royneland, rappresentante dell´associazione dei genitori e parenti dei giovani assassinati. “Là i nostri ragazzi si imbarcarono sul traghetto per Utoya, per il loro ultimo viaggio, là furono guidate le operazioni di soccorso”.

Molti psicologi, citati dall’avvocato Pal Martin Sand, legale dei giovani laburisti nella causa in corso contro gli abitanti del litorale, esigono che sia stabilita e rispettata una gerarchia del dolore: che quindi il memoriale sia costruito, dando la priorità alla sofferenza di chi è stato più colpito dalla strage, cioè i familiari delle vittime e i sopravvissuti, rispetto al dolore e al trauma indiretto dei locali.

Anne-Gry Ruud, un´altra abitante del posto, non è d´accordo. “Ricordo ancora gli spari, il rumore degli elicotteri, poi quei giovani in fuga feriti o morti in acqua, sparsi come caramelle multicolori; e adesso dovrei vivere con l’orrore sempre rammentato dal memoriale? Cosa significherebbe per noi qui, e rispetto a turisti e visitatori?”. Una precedente proposta di edificare là un memoriale era stata bocciata nel 2017. Un monumento, una lastra metallica circolare con i nomi delle vittime, sorge già sull’isola. Qualche anno fa ignoti vandali simpatizzanti di Breivik la imbrattarono spruzzandoci sopra una svastica con la vernice spray nera.

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