Il menù Riformista
Gaia Rovittello — 20 Dicembre 2020

Il successo del panettone artigianale è sotto gli occhi – o, meglio, sotto i denti – di tutti ormai da alcuni anni. E il 2020 segna un’altra svolta nelle abitudini dei consumatori. Secondo l’indagine di CsmBakery Solutions con Nielsen, il panettone artigianale conquista il primato su quello industriale: il suo valore è pari a 109 milioni di euro (52% del comparto). Il valore dei prodotti industriali si ferma a 100,4 milioni (48%). Gli italiani consumeranno la bellezza di più 26 mila tonnellate di panettoni.
La tradizione risale all’usanza medievale di preparare pani più ricchi per il Natale. Ma la descrizione precisa arriva nell’Ottocento, quando Francesco Cherubini, autore del vocabolario milanese-italiano, definisce il “panattón o panatton de Natal” come “una specie di pane di frumento addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina (ughett) o sultana, che intersecato a mandorla quando è pasta, cotto che sia risulta a molti cornetti. Grande e di una o più libbre sogliamo farlo solo a Natale”. Negli anni recenti i maestri pasticceri adattano sempre più la loro proposta a un mercato che vede 9,5 milioni di famiglie consumare panettone e gli acquirenti dell’artigianale crescere del 5,3% rispetto all’anno precedente (sono 2,4 milioni). Curiosamente, tra i nuovi acquirenti la fascia più rilevante è quella compresa tra i 25 e i 34 anni, residente nel centro Italia.
Cambiano le abitudini, evolvono i gusti. Panettoni con cioccolati neri e bianchi, con canditi di tutte le frutte possibili, con creme e glasse varie, ricoperti di noci, nocciole, pistacchi oppure salati per un’esperienza gustativa di confine.
La scuola milanese resiste ma si apre alla sfida della modernità con prodotti sempre più creativi. Tra le pasticcerie meneghine – antiche e nuove – basta ricordare Marchesi, Cova, Gattullo, Martesana, Pavè, Peck e Taveggia. Milano ha pure adottato il tedesco Ernst Knam, stella dell’arte bianca in tv. A Brescia, Iginio Massari e un’icona di fama internazionale. Ottimi maestri – e panettoni – si trovano in tutta la fascia padana, dal Piemonte all’Emilia Romagna al Veneto.
Negli ultimi anni, poi, i contest hanno registrato una poderosa avanzata della pasticceria meridionale. Il primo a ‘rubare’ la tradizione milanese fu il siciliano Fiasconaro a Castelbuono, in provincia di Palermo. Poi è stata la volta della Campania: un vero e proprio boom guidato da artigiani come Sal De Riso, Pasquale Marigliano, Alfonso Pepe e tanti altri. Negli ultimi anni ha raggiunto la vetta della classifica il lucano Vincenzo Tiri. Qualche consiglio “riformista”? Il panettone tradizionale e quello vegano al cioccolato della pasticceria bio milanese i dolci Namura. In Sicilia, quello al pistacchio di Vincente Delicacies, a Bronte, e quello al cioccolato di Modica di Bonfissuto, ad Agrigento.
Risalendo la penisola: il panettone alla ’Nduja di Nero d’Aspromonte, pasticceria calabrese di Sant’Eufemia, poi le creazioni della pasticceria Calciano di Tricarico (Matera), infine i lievitati del maestro De Vivo di Pompei. Chi cerca panettoni nella capitale ha ormai un’ampia scelta: la pasticceria D’Antoni in zona Prenestina, il panettiere /pizzaiolo Danilo Arnesano all’Eur, il panificio Nazzareno di Ponte Milvio, la pasticceria di Roberto Cantiani in via Cola di Rienzo, il pasticcere Max e le Sorelle Giordano nel Tuscolano. Il viaggio finisce qui? Certamente no: di sicuro da qualche parte in Italia c’è già un nuovo pasticcere che sforna il suo panettone creativo. E noi dobbiamo ancora scoprirlo.
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