È iniziata la crisi di social e influencer?

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    Su LinkedIn, più di 170 mila persone si definiscono influencer. Mica male guadagnare sfoggiando vestiti, scarpe e gioielli, girando il mondo tra sfilate, ospitate e locali stellati. E’ il sogno di tutti i narcisi social. In realtà, gli influencer sono sempre esistiti: prima si chiamavano testimonial, trendsetter e quant’altro. 
    Ciò che distingue i vecchi dai nuovi è il processo: un testimonial è di solito una persona famosa per altri meriti, che presta il suo volto per un brand; gli influencer sono, a loro volta, un prodotto. Negli ultimi anni è stato un vero boom, ma quanto durerà questa vacuità glitterata? I segnali di un graduale declino ci sono già. Chiara Ferragni e company sono ospiti di una piattaforma creata da terzi. Se Instagram o Facebook decidessero di cambiare gli algoritmi cosa succederebbe? Anche il mondo del marketing inizia a capire che il gioco non vale la candela: spendere centinaia di migliaia di euro per qualche post su Instagram non paga più come una volta. «La vita vera è là fuori e non sui social» è un concetto emergente anche nel filone emozionale della pubblicità (vedi un noto marchio di auto). E mentre Ebay sposterà gli investimenti verso i venditori «perché sono più autentici», la nuova campagna di Dolce e Gabbana sarà solo su carta. Il motivo di questa sorta di «logout»? «E’ il momento di tornare ai magazine e ai giornali, perché se ne ricava un punto di vista unico, preparato con cura e tempo». Parole sante.

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